UNICOBAS NOTIZIE n.2
5 MAGGIO SCIOPERO GENERALE DELLA SCUOLA
MANIFESTAZIONE UNITARIA A ROMA
DAVANTI AL MINISTERO VIALE TRASTEVERE h. 9.30
La situazione in cui si trova la scuola pubblica è drammatica perché il governo attuale, proseguendo l'opera dei governi precedenti, ha intenzione di terminare la sua demolizione attaccandola su più fronti.
Ecco quindi la regionalizzazione, introdotta con l'autonomia differenziata, fatta di iniquità, differenze fra territori e nella distribuzione dei fondi, dei progetti formativi e delle retribuzioni.
Ecco l'introduzione di nuove figure di sistema come il tutor e l'orientatore e quindi di nuove gerarchie anche stipendiali, continuando l'opera di svuotamento decisionale degli organi collegiali.
Ecco l'innalzamento a 900 del numero minimo di allievi a cui ogni scuola deve sottostare per poter essere autonoma, il che comporta la riduzione degli istituti scolastici di di 566 unità (da 7.519 a 6.953).
Ecco che, con la scusa del calo demografico, non si assume personale e ogni anno che passa aumenta il numero delle supplenze e dei precari ( quest'anno si è superato le 200 mila e l'anno scolastico prossimo batteremo anche questo record!).
Ecco che ci si ostina a propinare i test invalsi che non hanno alcuna validità oggettiva e servono solo a consolidare la scuola a quiz tanto cara ai nostri governanti perché svuota e deforma le menti.
Il tutto in un panorama di instabilità ed insicurezza dovuto alla guerra che abbiamo alle porte e in cui siamo entrati di fatto insieme agli altri paesi della NATO foraggiandola con l'invio di armi.
DI FRONTE A TUTTO QUESTO NON SI PUO' RIMANERE INDIFFERENTI, BISOGNA SCIOPERARE E SCENDERE IN PIAZZA PER CUI IL 5 MAGGIO L'UNICOBAS, INSIEME AI COBAS SCUOLA E AI COBAS SARDEGNA, CHIAMA I LAVORATORI A SCIOPERARE E A MANIFESTARE: 5 maggio sciopero dell’intera giornata di tutto il personale della scuola e manifestazione unitaria a Roma, h. 9.30, Ministero dell’Istruzione, V.le Trastevere:
- No alle regionalizzazione introdotta dall'autonomia differenziata
- No alle prove invalsi e alle figure di sistema
Contro le classi-pollaio e per l’assunzione dei precari (doppio canale di reclutamento)!Contro il vincolo triennale di permanenza nella prima sede scolastica
Contro la guerra e l’economia di guerra. No alle spese militari: riconversione nel sociale, anche per Sanità, Trasporti e diritto al lavoro.
Per un contratto europeo con aumenti superiori all’inflazione reale!
Investire una quota significativa del PNRR su Scuola (anche per risistemare quell’80% degli edifici che non sono a norma) e Università!
Per il risarcimento e l’adeguamento di pensioni e stipendi per gli Ata ex Enti Locali che, come riconosciuto da 10 sentenze della Corte di Strasburgo Ue, sono stati defraudati dell’anzianità pregressa.
Parificazione piena del personale educativo allo status dei docenti di scuola Primaria.
ASSEMBLEA SINDACALE NAZIONALE ON LINE GIOVEDÌ 20 APRILE h.14.30
L’Unicobas Scuola & Università indice un’ASSEMBLEA SINDACALE ON-LINE PER GIOVEDÌ 20 APRILE APERTA A TUTTI I COLLEGHI, DOCENTI ED ATA, DI RUOLO E NON, in servizio, con permesso orario o fuori servizio, CHE SI TERRÀ dalle h. 14.30 alle h. 19.30 in modalità streaming (video on-line) dal CANALE YOU TUBE dell'Unicobas. Relazioneranno: Stefano d’Errico (Segretario nazionale Unicobas), Stefano Lonzar, Alessandra Fantauzzi, Alvaro Belardinelli, Alessandro Di Candia (membri dell’Esecutivo Nazionale Unicobas)
PER PARTECIPARE all’ASSEMBLEA cliccare sul Link: https://youtube.com/live/
ed iscriversi al Canale You Tube dell'Unicobas e poi seguirla GIOVEDÌ 20 APRILE dalle h. 14.30. Non c’è limite di partecipazione. Le domande vanno poste via chat: risponderemo durante l’assemblea.
CONCORSO 24 MESI ATA DAL 27 APRILE LE DOMANDE
Il Ministero ha inviato agli USR la nota 26352 del 5 aprile 2023 sull’indizione dei bandi per i concorsi per soli titoli 24 mesi ATA. Possono partecipare al concorso solo coloro che abbiano già maturato almeno 24 mesi (23 mesi e 16 giorni) di servizio ATA nella scuola statale alla data di presentazione della domanda. I bandi di concorso dovranno essere pubblicati dagli USR entro il 26 aprile. Le domande dovranno essere presentate unicamente attraverso le istanze on line che saranno aperte dalle ore 9.00 del 27 aprile alle ore 23.59 del 18 maggio 2023.
Anche la scelta delle sedi scolastiche avverrà in modalità telematica, tramite l’Allegato G, che sarà reso disponibile successivamente, dopo che gli Uffici Provinciali avranno completato la valutazione delle domande.
I 24 mesi di servizio, anche non continuativi, vanno calcolati considerando:
– come da calendario i mesi interi, risultando irrilevante il numero dei giorni di cui ogni singolo mese è composto;
– in ragione di un mese ogni 30 gg. la somma di tutte le frazioni di mese;
– come mese intero, la eventuale frazione di mese residua superiore a 15 gg.
L'UNICOBAS FORNIRA' COME AL SOLITO CONSULENZA AGLI ISCRITTI O A CHI SI ISCRIVE ( PER APPUNTAMENTI TEL. 0586 210116 DALLE ORE 8.30 ALLE 12.30)
TUTOR E ORIENTATORE: NORMATIVA E PROSPETTIVE
Il Ministero ha pubblicato la circolare ministeriale 958 del 5 aprile 2023 e il decreto ministeriale 63 del 5 aprile 2023, con cui si dà avvio all’attuazione delle “Linee guida sull'orientamento”, individuando i criteri di ripartizione dei 150 milioni di euro destinati alle scuole superiori ai fini della “valorizzazione” dei docenti tutor e orientatori.
Di seguito i punti essenziali contenuti nel Decreto e nella Circolare applicativa.
Il Ministero specifica le attività che il tutor svolgerà in connessione con l’attività del docente orientatore. Queste attività in prima battuta sono riservate agli studenti del secondo biennio e dell’ultimo anno della scuola superiore.
Il tutor avrà sotto di se da un minimo di 30 studenti fino ad un massimo di 50 studenti ( in pratica 2 classi) accanto ad un orientatore per ogni unità scolastica (che quindi avrà sotto di se oltre 600 studenti).
Nell'allegato B del decreto è indicato per ogni scuola il numero minimo dei docenti che potranno essere avviati alla formazione di tutor e orientatore. Non si parla di numero massimo.
Nell'allegato A del decreto è indicato anche l’importo destinato a ciascuna istituzione scolastica per lo svolgimento delle suddette attività.
I dirigenti scolastici selezioneranno sulla base di criteri definiti e indicati dalle disposizioni ministeriali i docenti che daranno la disponibilità a ricoprire gli incarichi per procedere poi alla formazione di 20 ore utilizzando la piattaforma “Futura PRR”.Le scuole dovranno comunicare entro il 2 maggio 2023 al ministero i nominativi dei suddetti docenti!
I requisiti per l’accesso a questa formazione sono:
- essere in servizio con contratto a tempo indeterminato con almeno cinque anni di anzianità maturata con contratto a tempo indeterminato o determinato;
- avere svolto compiti rientranti in quelli attribuiti al tutor scolastico e al docente orientatore (funzione strumentale per l’orientamento, per il contrasto alla dispersione scolastica, nell’ambito del PCTO…);
- aver manifestato la disponibilità ad assumere la funzione di tutor e di docente orientatore per almeno un triennio scolastico.
Alla conclusione della formazione il dirigente scolastico “procederà alla nomina dei docenti tutor e del docente orientatore per l’anno scolastico 2023/2024, in base a quanto previsto in relazione alle figure funzionali al Piano Triennale dell’Offerta Formativa.”.
La remunerazione annua del tutor sarà compresa tra un valore minimo di 2.850 euro lordo Stato ( 1252 netti) e un valore massimo di 4.750 euro lordo Stato (2137 netti) e quella del docente orientatore tra un valore minimo pari a 1.500 euro lordo Stato ( 675 netti) e un valore massimo pari a 2.000 ( 900 netti).
La determinazione del compenso insieme con i criteri di utilizzo delle risorse assegnate sarà stabilita in sede di contrattazione integrativa di scuola, saltando completamente la trattativa nazionale.
Il fatto che sia saltata completamente la trattativa nazionale su queste figure ed il loro compenso, considerato momentaneamente accessorio, è un indice della volontà del ministero di introdurre tutor e orientatore come figure di sistema da manovrare a suon di leggi, decreti e circolari, lasciando ai sindacati cosiddetti “rappresentativi” solo il contentino dell'informativa.
Inoltre la remunerazione di queste attività, che ovviamente vanno svolte al di fuori del normale orario di lavoro, è misera rispetto alle responsabilità che tutor e orientatore dovranno assumersi. Ad esempio per il tutor nella scuola secondaria di primo e secondo grado la circolare 958 prevede:
“- aiutare ogni studente a rivedere le parti fondamentali che contraddistinguono ogni E-port-folio personale e cioè:
- a. il percorso di studi compiuti, anche attraverso attività che ne documentino la personalizzazione;
- b. lo sviluppo documentato delle competenze in prospettiva del proprio personale progetto di vita culturale e professionale (trovano in questo spazio collocazione, ad esempio, anche le competenze sviluppate a seguito di attività svolte nell’ambito dei progetti finanziati con fondi europei o, per gli
studenti della scuola secondaria di secondo grado, dei percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento (PCTO));
- c. le riflessioni in chiave valutativa, auto-valutativa e orientativa sul percorso svolto e, soprattutto, sulle sue prospettive.;
- d. la scelta di almeno un prodotto riconosciuto criticamente dallo studente in ciascun anno scolastico e formativo come il proprio “capolavoro".
- costituirsi consigliere delle famiglie nei momenti di scelta dei percorsi formativi o delle prospettive professionali dello studente, anche alla luce dei dati territoriali e nazionali e delle informazioni contenute nella piattaforma digitale unica per l’orientamento di cui punto 10 delle citate Linee guida, avvalendosi del supporto della figura dell’orientatore, definito al punto 10.2
delle stesse Linee guida come il docente che per ciascuna istituzione scolastica gestisce, raffina e integra i dati della piattaforma con quelli specifici raccolti nei differenti contesti territoriali ed economici e li mette a disposizione delle famiglie, degli studenti e del tutor.”
QUANDO FAREMO COME IN FRANCIA?
In Francia continuano le manifestazioni contro la riforma delle pensioni voluta dal presidente Emmanuel Macron che, al suo secondo mandato alla presidenza, non potendo essere rieletto, vuole perseguire, ad ogni costo, il suo progetto autoritario con una arroganza e una sicumera insostenibili in un sistema democratico. Nel giro di sessanta giorni sono stati indetti ben 11 scioperi generali, da tutti i sindacati unitariamente con manifestazioni di grandi, medie, piccole dimensioni e con svariate modalità di realizzazione (scioperi senza preavviso, blocchi stradali, tumulti o semplici manifs sauvages, assemblee studentesche ovunque) a testimonianza di un modo diverso di fare politica che è andato generalizzandosi in tutto il paese. In queste occasioni sono scesi in piazza milioni di francesi: lavoratori, disoccupati, donne, giovani, anziani e famiglie intere, nelle grandi città, a partire da Parigi, Nantes, Bordeaux, ma anche nelle piccole città e nelle zone rurali. Il momento di adesione più alto si è raggiunto il 23 marzo, a seguito della decisione del governo di sottrarsi al voto parlamentare e di ricorrere al colpo di mano del decreto-legge (il famigerato articolo 49.3 della Costituzione gollista), imponendo, con appena nove voti in più rispetto a quelli per la sua abrogazione e per le dimissioni del governo, una riforma, in realtà osteggiata da oltre il 75% dei Francesi. E sembra proprio che la lotta non si voglia arrestare: la mobilitazione sorta, inizialmente, contro la volontà di Macron di innalzare l’età pensionistica da 62 a 64 anni, si è ben presto allargata, aggregando tutte le ragioni della resistenza contro gli effetti nefasti del capitalismo liberista: si lotta in difesa degli interessi dei lavoratori, sia dei settori privati sia di quelli pubblici e di tutte le categorie socio-professionali, si lotta contro la subordinazione delle donne, le più penalizzate da questa riforma sia perché i loro salari sono i più bassi, sia perché non possono mai arrivare a 43 anni di contributi per la pensione. Si lotta contro la precarietà lavorativa ed esistenziale; si lotta contro una povertà che si allarga sempre più a fronte di un arricchimento smisurato di una ristretta élite; si lotta contro lo stile di vita dominante, che si basa sulla triade del “lavora, consuma e muori”. Lottano i giovani che sanno bene che, restando così le cose, avranno una pensione da fame e forse neanche quella. È la rivolta contro una riforma che favorisce solo quelli che già godono di privilegi, i colletti bianchi, i top manager e chi svolge mestieri poco faticosi, non usuranti e che possono permettersi di proseguire a lavorare ben oltre l’età pensionabile. Non solo la mobilitazione continua a crescere, ma, secondo un sondaggio, il 62% dei francesi ritiene che il movimento sociale contro la riforma delle pensioni debba “inasprirsi per far retrocedere l’esecutivo” e tale livello sale addirittura al 76% nelle classi popolari. La lotta è dura, richiede enormi sacrifici, anche dal punto di vista economico (e vi si fa fronte con le casse di solidarietà), ma continuano i blocchi alle raffinerie che stanno lasciando a secco le stazioni di servizio, si allarga lo sciopero della raccolta dei rifiuti e dei trasporti pubblici, si compatta il fronte studentesco: il numero di licei e università che hanno occupato o tentato di farlo è enorme, più di 80 università vedono grandi assemblee generali e in moltissimi licei ogni giorno si tengono incontri in appoggio alla mobilitazione. Di fronte a questa situazione il Governo, non è disposto a cedere su nessun punto, confidando nel bisogno di un ritorno generalizzato alla normalità e a Macron (uno dei principali alfieri dell’involuzione degradante della “democrazia parlamentare” nell’Occidente neoliberista) non resta altro che la pura coercizione, esercitata in maniera indiscriminata dalle forze dell’ordine, con continue cariche, centinaia di arresti e sgomberi: oggi contro chi si oppone alla riforma pensionistica, come ieri è avvenuto contro i Gilets Jaunes. E comunque l’iter della riforma pensionistica è tutt’altro che concluso; comincia a farsi strada anche l’ipotesi di una via referendaria per l’abrogazione della riforma, anche se in Francia i referendum abrogativi sono di difficile accesso. Infatti, il sistema presidenziale autoritario francese permette solo di avanzare una richiesta di “referendum d’iniziativa condivisa” (RIP) al Consiglio costituzionale. Se il Consiglio la giudicherà ricevibile, allora si dovranno raccogliere 4,87 milioni di firme entro nove mesi, pari ad un decimo degli aventi diritto al voto.
Questo è ciò che sta accedendo in Francia. Di contro in Italia, dove la destrutturazione economica, sociale, culturale e politica compiuta negli ultimi 40 anni è stata anche maggiore rispetto al paese transalpino, grazie anche ad una sinistra, che dopo il crollo del muro di Berlino ha sposato acriticamente i diktat del liberismo economico e a sindacati meramente concertativi, nel 2012 la Legge Fornero ha innalzato l’età pensionabile prima da 60 a 65 anni, poi a 67 anni, con il consenso generale di tutti i partiti dell’arco costituzionale ed il muto appoggio delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative (solo il sindacalismo di base conflittuale si è opposto strenuamente, ma inutilmente). Le riforme in ambito lavorativo, dal Pacchetto Treu, alla Riforma Biagi, al Jobs act di Matteo Renzi hanno notevolmente peggiorato le condizioni dei lavoratori in termini economici e di sicurezza (non a caso il nostro paese vanta il triste primato europeo di tre morti sul posto di lavoro al giorno); tutti i governi che si sono succeduti hanno portato avanti una serie di politiche neoliberiste che hanno creato precariato e nuove forme di sfruttamento, privatizzazioni ed aziendalizzazione dei servizi pubblici (scuola e sanità in primis), impoverimento generalizzato, criminalizzato l’immigrazione (legge Bossi-Fini, CIE, respingimenti), repressione verso le voci dissenzienti più radicali. In Italia c’è stato l’unicum Berlusconi, capo del governo per ben tre volte e contemporaneamente dominus indiscusso delle telecomunicazioni e della carta stampata, ma ci sono stati anche Presidenti del Consiglio come Monti e Draghi, dirette emanazioni dei poteri forti della finanza internazionale. Da sei mesi è in carica un governo neofascista (scelto da solo il 27% degli elettori aventi diritto al voto) pronto a varare una serie di norme che vanno nella direzione di un ulteriore peggioramento delle condizioni di lavoro e di vita della maggioranza dei cittadini - bocciando sostegni alle fasce più emarginate e trascurando il tema del salario minimo garantito, allargando il solco della disuguaglianza con il progetto della flat tax, contemplando provvedimenti legislativi che facilitano l’evasione fiscale - mosso, contemporaneamente, da una sfacciata volontà di rivisitazione e riscrittura della nostra Storia più recente. Ma, nonostante tutto ciò in Italia non c’è stata, né c’è alcuna mobilitazione popolare. A cos’altro dobbiamo assistere nel nostro Paese per fare come in Francia?
Stefano Lonzar
(dell’Esecutivo Nazionale Unicobas)