Gli studenti incontrano Sami Modiano
Lunedì 15 febbraio la classe 5Cc ha partecipato ad un incontro con Samuel Modiano, sopravvissuto ad Aushwitz, grazie all’iniziativa dell’Istituto storico della Resistenza e dell’Età contemporanea di Forlì-Cesena. Modiano, collegato telefonicamente, ha risposto alle domande che i ragazzi del Monti, insieme ai loro colleghi dei Licei Alpi e Righi, gli hanno posto, aprendo un dialogo intenso e affettuoso. La conversazione è stata registrata e fornirà il materiale per un video che verrà in seguito messo a disposizione delle scuole e della cittadinanza.
(Prof.ssa Lucia Bazzocchi)
Il 27 gennaio 1945 Samuel Modiano aveva 14 anni, pesava 25 chili, e non aveva più nessuno al mondo.
Di Birkenau ricorda tutto, perché non l’ha mai lasciato, quel posto. Nato a Rodi, arriva ad Auschwitz il 16 agosto 1944, e dopo solo un mese perde la sorella e il padre. Si salva, nonostante il corpo stremato da mesi di lavori forzati. È uno dei 25 bambini usciti vivi da Auschwitz.
Anche a 90 anni, nonostante abbia avuto la forza di ricostruire la sua vita, nonostante da sessant’anni abbia al suo fianco una moglie che lo ama incondizionatamente, quel luogo di morte ritorna nei suoi incubi.
Sono questi incubi, sono i ricordi del fango, della fame, del fumo dei forni crematori, dei treni carichi di uomini, donne bambini che giungevano, ignari, a morire, che lo ha spinto a parlare.
Dal 2005 Sami, come si fa chiamare, parla ai ragazzi delle scuole, li accompagna a visitare il campo di sterminio di Birkenau. Samuel sa di essere diverso, sa di essere un sopravvissuto, e non ha paura di nascondere questo immenso peso che si porta sulle spalle. Soffre ancora, nel raccontare; non ama essere ringraziato per la sua testimonianza, per lui è un dovere, è lo scopo che ha attribuito alla sua vita: riportare ciò che è stato.
Ci racconta del giorno in cui gli hanno comunicato che era stato espulso dalla scuola elementare. Aveva 8 anni, e nonostante suo padre tentasse di fargli capire che qualcuno lo reputava diverso, lui non capiva. Tuttora, non capisce.
Ci racconta dell’affetto che aveva per la sorella Lucia e per il padre Giacobbe, le cui ultime parole per lui sono state l’unica cosa in grado di dargli la forza di non arrendersi all’orrore: “Tu ce la devi fare, Samuel, tu ce la devi fare.”
Ci racconta di due angeli custodi, prigionieri come lui, due sconosciuti, che l’hanno sollevato quando lui si è accasciato a terra durante la “marcia della morte”, le braccia dietro la testa aspettando il colpo di grazia, perché per qualche ragione che lui non sa spiegarsi, avevano deciso che lui sarebbe dovuto vivere. Ci racconta di non essersi sentito felice alla liberazione, ma colpevole di essere sopravvissuto, di essersi chiesto: “Perché io?”
Ma ci racconta anche che l’odio, l’indifferenza, la rabbia, non sono sentimenti che gli appartengono; per quegli uomini capaci di crimini così crudeli avrebbe voluto la condanna che si meritavano, nulla di più. Nel suo cuore non c’è spazio per il rancore, ma c’è soltanto il desiderio di condividere con noi quello che ha dovuto sopportare.
“Ora sono l’uomo più felice del mondo, ragazzi, perché ho dedicato la mia vita a voi, affinché non vediate mai quello che hanno visto i miei occhi”.
Grazie all’Istituto Storico della Resistenza e dell’età contemporanea di Forlì-Cesena noi, classe 5CC, e ad altri studenti dei licei Righi ed Alpi, oggi ha dovuto raccontare la sua storia su Zoom, ma non per questo ha rinunciato a farci sentire la sua vicinanza, domandandoci di noi, della nostra vita, dei nostri risultati scolastici, con curioso interesse, proprio come un nonno con i suoi nipoti.
Alla fine dell’incontro ci ha affidato questo compito: raccogliere le sue parole, e quando lui non ci sarà più, farci carico di tutto il suo vissuto, e del vissuto degli altri che come lui ci hanno riportato la loro esperienza di orrore, e diventare a nostra volta testimoni. È una grande responsabilità, questa, ma grazie a Sami, alla sua voce che si rompe dalla commozione quando ci chiede di prendere il suo racconto e farne memoria, abbiamo silenziosamente, ma all’unanimità, scelto di accogliere questo compito.
“Ho fiducia negli uomini, soprattutto in voi che siete qui ad ascoltarmi, nei vostri insegnanti che vi parlano di questi fatti, in tutte le persone che hanno lavorato perché io potessi essere qui, in tutte le persone che mi hanno creduto, che mi hanno ascoltato”.
Ci saluta augurandoci il meglio, tanta salute, la possibilità di continuare a studiare quello che ci piace, e ci dice che avrebbe voluto abbracciarci tutti, uno per uno, e noi tutti avremmo tanto voluto ricambiare il favore.
Grazie, Sami, anche se non ti piace sentirtelo dire.
I tuoi nuovi testimoni della classe 5Cc
(Resoconto di Martina Raggini 5Cc)